STUPRO DI PALERMO: ENNESIMO SEGNALE DI UN SISTEMA CHE HA FALLITO

Molti erano in vacanza quando i mezzi di informazione hanno riportato quanto accaduto la sera del 7 luglio: “stupro di gruppo a Palermo”. Una 19enne siciliana, fatta ubriacare e fumare in un locale di un quartiere popolare, violentata da sei ragazzi mentre un settimo filmava e incitava i compagni. Infine la ragazza è stata abbandonata, mentre i violentatori andavano a mangiare un panino per concludere la serata.

Purtroppo il caso dello stupro di Palermo riguarda tutti. Riguarda gli aspetti personologici dei giovani di oggi. Riguarda il sistema educativo. Riguarda la sicurezza. Riguarda la giustizia. Infine riguarda anche la comunicazione.

Molti giovani di oggi, generazione Z probabilmente, sono cresciuti tra benessere e disattenzione dei genitori. Nulla è mancato a loro, nulla è stato proibito a loro. Credono di potersi prendere quello che vogliono quando vogliono. Sono la causa tuttavia di un sistema educativo che ha fallito. Ed il video toccante della docente “influencer” diventa ridicolo se si pensa alle responsabilità che ella stessa indirettamente ha. L’educazione civica dovrebbe avere molte più ore alle scuole elementari e medie, dovrebbe essere teorica ma anche pratica.

Ma questo è un investimento per il futuro, oggi siamo nel presente. Ed è chiaro che il presente ci presenta alcune città italiane come particolarmente insicure. Le forze dell’ordine dove sono?

Ora i ragazzi sono in carcere. Ora devono essere spostati in altro carcere perché hanno subito minacce. Domani avranno la pena ridotta. Dopodomani saranno liberi. Perché la giustizia italiana ci dà la sensazione di lasciare impunite situazioni gravissime ed oggettive? È vero, il sistema sanzionatorio penale deve tendere alla rieducazione del reo e al reinserimento sociale di chi ha sbagliato. Ma se le famiglie, la scuola e la società non riescono ad educare i giovani, come si puó pretendere che un ambiente come quello carcerario possa raggiungere lo scopo di rieducare?

Per concludere va sottolineato il grave fenomeno della diffamazione giustizialista sui social network. Una legione di imbecilli ha diritto di parola su argomenti vari e tutti siamo sotto la dittatura dell’opinione. Ma questa è la trappola della potente comunicazione moderna: si può gestire con l’educazione critica dell’utente, si può modulare con pene concrete (torniamo al paragrafo precedente). Ma i giornalisti, che hanno anche delle carte deontologiche da rispettare, perché scrivono e diffondono certe cose?